Descrizione
Questo classico della religiosità orientale appartiene al filone di scritture arcaiche attraverso le quali l’uomo ha tentato di affrontare l’angosciante problema della morte, proponendo soluzioni che leniscano il terrore e rassicurino il vivente sul suo ignoto destino.
Nel fiorito linguaggio di questo rituale tibetano, la morte si configura in modo radicalmente diverso sia dall’idea di un’integrazione nella gloria divina, sia dal concetto di una dissoluzione totale.
Nel tempo intermedio tra la morte fisica e il destino finale, il defunto conserva un “principio cosciente” sul quale opera il monaco recitante, che mediante la lettura del testo, ingenera in quel “principio”esperienze visionarie ed evoca le immagini terrifiche degli dei.
Chögyal Namkhai Norbu (1938-2018) è nato nel Tibet orientale e ha iniziato a insegnare lo Dzogchen nel 1976 in Italia, dove è arrivato nel 1959 su invito del professor Giuseppe Tucci. Dopo aver inizialmente vissuto e lavorato a Roma, ha ottenuto la cattedra di lingua tibetana e mongola presso l’Università di Napoli L’Orientale, dove ha insegnato dal 1964 al 1993. In tutti questi anni, attorno alla sua figura e grazie alla sua instancabile attività nel tenere innumerevoli conferenze e ritiri, si è creata una comunità internazionale di praticanti che ha le sue sedi in tutti i continenti. In Italia la sede principale della Comunità Dzogchen si chiama Merigar e si trova in Toscana ad Arcidosso, alle pendici del Monte Amiata.
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